C’è chi l’ha definita “tempesta perfetta”.
Perché prevedibile, prevista, eppure osservata quasi con distacco. Come cosa di là da venire, e quindi poco importante.
Una tempesta invece che si sta velocemente avvicinando, anche se in troppi fingono di ignorarla.
Le proiezioni demografiche in provincia di Vicenza le conosciamo già oggi. E ci stanno offrendo, ad esempio, dati che dovrebbero allarmarci: tra pochi anni un terzo della popolazione avrà più di 65 anni, con un aumento del 37% della fascia 80-89 anni, e una crescita significativa di persone non autosufficienti.
C’è chi sta proponendo i primi rimedi, come un ministero dedicato solo agli anziani, oppure almeno assessorati regionali.
La tempesta intanto si sta avvicinando, compreso il recente aumento delle rette delle RSA, a partire dal primo gennaio scorso. Complicando i bilanci delle famiglie coinvolte.
Per non parlare dell’altra faccia dell’universo-anziani, cioè delle solitudini.
Anche se non mancano le iniziative per arricchire il loro spazio vitale: partecipazione ai rapporti sociali, economici, culturali, spirituali e civili nelle forme di vita delle nostre comunità, compresa la capacità di essere fisicamente attivi o di partecipare ancora, in qualche modo, al mondo del lavoro.
Quale sostenibilità, dunque, questa la domanda, per l’intero sistema socio-assistenziale?
C’è chi parla già di un nuovo PNRR, cioè di un progetto europeo di larga scala, trattandosi di una situazione comune ai diversi Paesi occidentali.
Ma con i chiari di luna è difficile fare previsioni certe.
Sullo sfondo resta una questione che molti non conoscono, cioè la drammatica carenza di personale sanitario e di supporto, che colpisce in particolare la rete dei servizi residenziali rivolti alla popolazione non autosufficiente.
Tutte questioni aperte che richiedono interventi strutturati a lungo periodo.
Per quanto riguarda le RSA, oggi in Veneto sono 347 i centri servizi per anziani non autosufficienti, con un’offerta di poco meno di 33.000 posti letto, 28.500 dei quali coperti con la compartecipazione alle spese sanitarie da parte della Regione. Mancano dunque 4.500 contributi in impegnative a favore di anziani già ospitati nelle RSA.
Che fare, dunque?
Una buona notizia è arrivata nei giorni scorsi dal consiglio comunale di Bassano.
Il quale ha approvato all’unanimità una mozione presentata dalla lista civica “È il Momento”, formata quasi tutta da trentenni. Una lista di minoranza. Mozione che ha proposto la nascita, sempre a Bassano, di una Fondazione dedicata al santo patrono San Bassiano con lo scopo di dotare la comunità bassanese di uno strumento per affrontare le sfide legate alla non autosufficienza e ai risvolti sociali del mondo degli anziani.
Mi permetto di citare questa iniziativa perché condivisa da tutto il consiglio comunale. Un bell’esempio.
Una Istituzione, dunque, che sia capace di coinvolgere tutta la società bassanese, compresi i privati, al fine di trovare le migliori risposte all’imminente “tempesta perfetta”.
Una sorta di gratitudine intergenerazionale, promossa dai trentenni, con lo scopo di sottrarne il destino alle sole logiche del mercato e del profitto, dando una mano concreta alle famiglie.
In altre parole: i nostri genitori, i nostri nonni e le loro famiglie non li possiamo abbandonare, lasciandoli al loro destino. No, dobbiamo tutti gratitudine a loro, che hanno sperimentato la guerra e le difficoltà della vita per creare il nostro benessere.
La vita è cioè anzitutto ringraziamento.
Sarà la Fondazione, legata al terzo settore, senza scopo di lucro, espressione dell’amministrazione comunale, aperta al privato sociale, quindi al contributo di tutti, a pensare come gestire e promuovere, in forma sussidiaria, la solidarietà intergenerazionale. Nelle forme di assistenza sociale, socio-sanitaria e sanitaria, compreso il settore della beneficienza, con particolare riferimento, in primis, alla tutela di anziani e disabili, in regime di residenzialità, semi-residenzialità e domiciliarietà.
Si tratta di un inizio di percorso, nel corso del quale tutti dovranno sentirsi coinvolti. Per il bene di tutti.
Non può essere la singola famiglia, in altri termini, l’unico sostegno.
Ad esempio occorrerà promuovere massicciamente il co-housing, cioè complessi residenziali con spazi e servizi comuni che favoriscono la condivisione tra gli abitanti di un quartiere.
In altre parole: in una società sempre più individualista, è necessario alimentare l’«egoismo altruista», ossia il gioco di squadra per cui dare una mano agli altri agevola chi fa del bene.