Brain Rot: quando lo scrolling manda in pappa il cervello
Aldo Benato
27 dicembre 2024Immagina di passare ore a scorrere senza sosta video, meme o post sui social media. Ti è mai capitato di sentire la mente intorpidita, quasi anestetizzata da quel flusso continuo, trasportata nel tempo senza rendersene conto? Questo è il fenomeno che online viene definito come "Brain Rot".
Cosa significa "Brain Rot"?
Il termine "Brain Rot" si traduce letteralmente in "cervello in putrefazione". Viene usato in maniera ironica per descrivere una sensazione di vuoto mentale, spesso causata da un consumo eccessivo di contenuti digitali, specialmente attraverso lo "scrolling" compulsivo. Ricordo, per chi non lo sapesse, che per "scrolling" si intende lo scorrimento dei contenuti dei social network attraverso lo spostamento del dito sullo schermo (in direzione verticale od orizzontale).
Sebbene il termine Brain Rot non sia un termine tecnico o scientifico, è diventato popolare tra i giovani per descrivere un effetto comune della sovrastimolazione digitale. L’origine del termine è infatti informale, probabilmente nata nei forum o sui social media per esprimere un disagio condiviso. L'espressione non indica un problema irreversibile: è, piuttosto, un avvertimento sull'impatto che un comportamento digitale non equilibrato può avere sulla nostra mente. Il "Brain Rot" può essere visto come una metafora del disagio che molti di noi provano quando ci troviamo intrappolati in un ciclo di contenuti infiniti, privi di valore significativo.
Condanniamo lo scrolling?
No, ovviamente. Lo scrolling è diventato una parte integrante della nostra vita digitale. Se usato con moderazione, può essere una fonte di ispirazione e apprendimento. Video educativi, tutorial, notizie aggiornate o persino contenuti motivazionali possono arricchire le nostre giornate e stimolare la creatività. Per molti giovani, è anche un modo per rimanere connessi con gli amici, scoprire tendenze o esplorare nuove passioni.
Tuttavia, quando lo scrolling diventa un’abitudine compulsiva passiva, il rischio di scivolare nel "Brain Rot" è reale: gli algoritmi dei social media sono progettati per trattenere la nostra attenzione, proponendo contenuti sempre più accattivanti, e noi ne rimaniamo vittime senza nemmeno accorgercene. Questo può portare a perdita di tempo, calo di concentrazione e persino ansia o insoddisfazione. Nei giovani, in particolare, un consumo eccessivo può interferire con lo studio, il sonno e la salute mentale, creando un ciclo di dipendenza difficile da spezzare.
Come spesso accade, tuttavia, non è lo strumento, ad essere pericoloso, ma l'uso che se ne fa. La tecnologia è un alleato prezioso, che, oggi più che mai, offre infinite opportunità, ma il controllo del suo utilizzo deve restare nelle nostre mani.
Come possiamo evitare il Brain Rot? Semplice:
non lasciamo che lo scrolling diventi una routine senza scopo. Stabiliamo, ad esempio, un limite di tempo giornaliero per lo scrolling e dedichiamo il tempo residuo ad attività differenti, come leggere un libro, fare una passeggiata o coltivare un hobby creativo. Evitiamo, poi, che lo scrolling parta in automatico appena ci fermiamo un attimo: in coda al supermercato, a pranzo, in bagno o addirittura in macchina.
Siamo noi a decidere come utilizzare il nostro tempo, ricordiamocelo!
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L'autore
Aldo Benato è un avvocato specializzato nella gestione e tutela dei dati personali e aziendali e in materia di criminalità informatica. Avvocato presso il Foro di Treviso e Data Protection Officer certificato ai sensi della norma UNI 11697, si occupa da anni di diritto e informatica e ha maturato una consolidata esperienza in materia di privacy & data protection, criminalità informatica e diritto della Rete. Parallelamente, matura una forte esperienza nel settore della formazione per scuole, aziende, professionisti e Forze dell'Ordine. Recentemente ha scritto il libro "Dizionario del Web - La guida per capire" (www.dizionariodelweb.it), uno strumento pensato per aiutare a sfruttare il web e la tecnologia con maggiore consapevolezza.