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Spazio Zen - gennaio 2025

Gianni Zen
Gianni Zen
27 dicembre 2024
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Spazio Zen - gennaio 2025
In questo inizio 2025 sentiamo tutti il bisogno, ancora una volta, di farci gli auguri, per un “buon anno”. Cioè, perché sia un “anno buono”.
Un auspicio carico di una speranza che oggi facciamo sempre più fatica a declinare, visti i chiari di luna anzitutto geopolitici.
Un augurio nonostante una particolare consapevolezza che ci sta accompagnando in questi anni.
Riassunta in questi versi da due big della musica italiana, con questo doppio invito: da un lato “la vita è adesso”, e dall’altro che la stessa vita “un senso non ce l’ha”.
Che abbiano davvero ragione? E qui le opinioni sono aperte.
Intanto riteniamo giusto ripeterci anche per il 2025 l’augurio di una vita buona. Anche se, forse sottotraccia, per il nuovo anno siamo comunque consapevoli che questo stesso augurio ci sta dicendo altro: che dobbiamo un po’ imparare a vivere, per “saper vivere” senza lasciarci troppo “lasciarci vivere”.
Perché la vita, nel suo fluire, oggi più di ieri, non ci lascia punti fermi, a parte alcuni lontani richiami valoriali. Perché non basta declamarsi questi valori, visto che poi tocca a ciascuno tradurli in scelte concrete. I valori, cioè, non sono una eredità o un retaggio, ma una quotidiana ricerca e conquista. E qui sta il bello ed il complicato delle nostre giornate.
Non riusciamo a considerare nemmeno la “Luce” di Natale, che ci siamo scambiati con degli auguri, come un richiamo di valore o un punto fermo per l’oggi.
“Tutto passa, tutto scorre”. Quella “Luce” sembra anzi, per tanti, già sfumata. Lasciata sullo sfondo, in alcuni sublimata in pensieri lunghi, in altri sospesa tra mille “adesso”.
L’augurio che sentiamo comunque di scambiarci per il nuovo anno ci spinge, da un lato, a guardare oltre i singoli giorni e stagioni, per carpire un qualche significato che ci aiuti ad orientarci, ma, dall’altro, proprio perché poi la declinazione delle scelte dovrà obbedire ai bisogni e desideri ordinari, tendiamo a soprassedere a quella domanda che l’augurio sottende. Di un senso oltre il presente. Quello stesso senso che chiamiamo poi con il termine “speranza”.
Ma non si vive di sola speranza, non basta.
E qui vengono in soccorso gli oroscopi, ai quali si affidano coloro che sentono il bisogno di sentirsi ripetere una parola sul nostro futuro.
Un rito di passaggio che si ripresenta ogni fine ed inizio d’anno. Forse quest’anno in modo speciale, viste le tante incertezze, le crisi di mezzo mondo, comprese le tragedie che da più parti riempiono le news.
Che valore hanno le pre-visioni degli oroscopi?
Perché pur sempre di “visioni” si tratta, tutte presunte certissime, tutte generiche, tutte inverificabili.
Tanto che nessuno si prende la briga di verificare, alla fine di un anno, quelle che erano state le previsioni di inizio anno.
L’unica cosa che sappiamo, comunque, è che il futuro non si può prevedere. Anche se gli algoritmi, che sono alla base anche dell’intelligenza artificiale, non fanno altro, su statistiche raffinate costruite sui dati del passato, tentando a loro volta delle pre-visioni sul possibile futuro.
Ma il futuro è inarrivabile, proprio perché ancora-non-è.
Questo stacco tra visioni e proiezioni, di oroscopi, maghi ed algoritmi, pur con diversa costruzione epistemologica, e quindi con diversa qualità di affidamento, devono essere trattate con quella che S.Agostino, filosofo e teologo, chiamava “la grazia del dubbio”.
Dunque, “dubitate gente, dubitate”.
Con gli oroscopi che si affidano alla legge dei grandi numeri, con previsioni perciò generiche, associabili a diversi eventi successivi. E gli algoritmi, fondati sull’accumulo di dati, per una “infosfera” che si autoalimenta di continuo modificandosi di statistica in statistica.
Anno nuovo, vita nuova. Ci diciamo.
Tra speranze e preoccupazioni.
Diciamoli la verità, in chiusura.
Oggi si spera poco perché si sogna poco. Forse per noi non è vero che “i sogni son desideri”.
Soprattutto i giovani sperano poco perché sognano poco.
I sogni-desideri sono il fuoco della vita, oltre il cinismo o calcolo degli adulti. Un fuoco che si fa passione, quella che salva dal piccolo cabotaggio, dal solo tirare avanti. Oggi però c’è troppa paura, si vive nell’incertezza. Anzitutto di amare e di amarsi.
Buon anno a tutti.

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L'autore

Gianni Zen

Gianni Zen, laureato in filosofia, ha dedicato la sua vita professionale alla scuola, prima come docente e poi come dirigente scolastico in importanti scuole del vicentino quali l’Istituto Rossi di Vicenza e il Liceo Brocchi di Bassano. Sotto la sua guida il liceo bassanese ha conosciuto una crescita repentina fino a diventare il secondo istituto d’Italia per numero di ragazzi frequentanti. Persona estremamente attiva, è da sempre sostenitore di una grande riforma del mondo della scuola. In “Spazio Zen” dirà la sua su temi di attualità legati al mondo della scuola e del lavoro.