Viviamo in tempi in cui ogni interazione online, anche la più fugace, può lasciare una traccia indelebile. Un semplice tocco sullo schermo basta per trasformare un messaggio effimero in qualcosa di permanente: ecco il potere dello screenshot. Se un tempo si diceva “Verba volant, scripta manent” – le parole volano, gli scritti restano – oggi possiamo affermare con altrettanta certezza: verba volant, screenshot manent, perché nel mondo digitale tutto può essere salvato, condiviso, riesumato.
Ma cos’è, esattamente, uno screenshot? Il termine, inglese, si traduce letteralmente con “scatto/fotografia dello schermo”. Si tratta di un’immagine che cattura in tempo reale ciò che appare sul display di un dispositivo (telefono, tablet, computer), qualunque cosa sia: un video, un messaggio, una foto.
Nato come strumento tecnico, utile per segnalare un errore o condividere un contenuto, oggi è molto di più: è testimonianza, è prova, è arma, è scudo.
Gli usi positivi dello screenshot sono numerosi. In ambito scolastico o lavorativo, può servire per ricordare istruzioni, salvare una conversazione importante, documentare un errore tecnico. In situazioni di emergenza o rischio, può diventare un’ancora di salvezza: pensiamo a chi documenta una minaccia, una molestia, un messaggio ambiguo o offensivo. A livello personale, può costituire un valido modo di archiviare un appunto, una conversazione, un momento particolare che appare sul display.
Per molte vittime di cyberbullismo, lo screenshot è spesso l’unico mezzo per poter dimostrare ciò che subiscono. Anche in sede giudiziaria, uno screenshot può avere valore di prova, se correttamente contestualizzato.
Tuttavia, non è tutto oro ciò che luccica, e lo screenshot non fa eccezione.
Anzitutto, può essere usato in modo scorretto: per deridere, diffondere confidenze, tradire una fiducia. Quante volte una chat privata è diventata pubblica? Quante volte un commento è stato “catturato” fuori contesto per danneggiare qualcuno? Lo screenshot, se mal usato, può trasformarsi in uno strumento di vendetta, di manipolazione, di disinformazione, di abuso.
C'è poi un aspetto legale importante: fare uno screenshot non è sempre lecito. Se contiene dati personali, informazioni sensibili o immagini altrui, la sua diffusione può costituire violazione della privacy, anche se avvenuta tra “amici”. L’articolo 616 del Codice Penale, ad esempio, punisce chi intercetta o rivela comunicazioni private. E uno screenshot, spesso, è proprio questo: una comunicazione privata resa pubblica senza consenso.
E allora, cosa fare? La risposta, come sempre, sta nella consapevolezza. Per un verso, quando scriviamo un messaggio, postiamo una foto o facciamo una battuta in chat, chiediamoci: “E se qualcuno facesse uno screenshot?”. Per altro verso, e allo stesso modo, prima di fare uno screenshot, poniamoci un’altra domanda: “È lecito quello che sto facendo?”.
Viviamo in un tempo in cui ogni parola può diventare eterna. Ma possiamo ancora scegliere quali parole meritino davvero di restare.
Lo screenshot è uno strumento potente, utile e – talvolta – necessario, ma va usato con attenzione, rispetto e responsabilità. Quando interagiamo, ricordiamoci sempre che ogni interazione online può sfuggire al nostro controllo ed essere cristallizzata. Quando vogliamo documentare qualcosa, invece, teniamo presente che non tutto può essere acquisito e condiviso liberamente, perchè l'illecito è dietro l'angolo. Nel mondo digitale, più che mai, “verba volant, screenshot manent”.
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