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Spazio Zen – Maggio 2023

Gianni Zen
Gianni Zen
27 aprile 2023
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Spazio Zen – Maggio 2023
Non è facile essere e fare i genitori. Oggi più di ieri. Perché non c’è un principio di autorità a dare una mano, né un contesto sociale ben definito. Ma su una cosa ieri e oggi sono d’accordo, nonostante il calo demografico in corso: anche oggi fare i genitori è una avventura bellissima. Il che non significa senza pericoli o rischi lungo la strada della vita. No, anzi. Comunque bellissima questa avventura, lo ripeto, perché i figli sì impegnano e tolgono fiato ai genitori, ma danno sempre molto di più, infinitamente di più. Provare per credere. Quando si mette al mondo un figlio l’unica cosa certa è che non si potrà, poi, più farne a meno. Tanto che sarà complicato, a un certo punto, passo dopo passo, rompere il cordone ombelicale, per lasciarlo andare. Insomma, genitori si diventa, si impara ogni giorno, crescendo assieme, soprattutto attraverso gli sbagli, e avendo mentalmente davanti le immagini di ciò che i nostri genitori a loro volta hanno fatto per noi. E queste immagini aiutano molto. Tanto che solo quando diventiamo a nostra volta genitori ci rendiamo conto del bene che ci hanno fatto, e la vera eredità che ci hanno lasciato. A dare una mano a tutti i genitori c’è ora un bel libro, che mi permetto di suggerire, curato da Stefano Rossi, psicopedagogista, con un titolo che dice già tutto: “Mio figlio è un casino”. Possiamo dire, sin dall’inizio, che noi genitori, equilibristi per natura, forse per l’ansia, forse perché timorosi di non potercela fare, amiamo tutti coloro che possono darci una mano. O così almeno crediamo. Sapendo, comunque, che ogni genitore impara a spese sue che, mettendo al mondo figli, si intuisce che a crescere non sono solo loro, ma sono anzitutto proprio i loro genitori, noi genitori. E nessun consiglio, nessun manuale, nessuna “scuola dei genitori” esaurirà tutte le domande che nasceranno spontanee, piene di speranze condite da ansie e timori. Quello che conta, in primo luogo, è rendersi conto che non si è da soli. Che non si deve essere da soli, anzitutto in casa. Perché, come dice un antico proverbio africano, “per educare un bambino ci vuole un intero villaggio”. Dunque, a contare è il cuore educativo, che va coniugato in forme diverse. Perché diversa è la responsabilità dei genitori, quella dei nonni, oppure della scuola e delle forme crescenti di relazione, a seconda dell’età dei bambini e ragazzi. Dunque, il piano è quello educativo, ma sono i contesti a segnare l’incrocio delle relazioni. In questo incrocio troviamo, però, diverse categorie di genitori, secondo Stefano Rossi. Anzitutto, abbiamo il genitore “zucchero filato”, come lo definisce, tutta affettività e tenerezza, ma in difficoltà a dare alcune regole per aiutare i bambini e ragazzi a riflettere sul loro essere in crescita. Che valore, dunque, dare alle regole? Abbiamo poi, all’opposto, il genitore-sceriffo, che le regole le impone, come in una caserma. Dimenticando il cuore relazionale, dunque anche emozionale, del convivere. Come terzo modello lo psicopedagogista propone il genitore-skipper, segnato dalla sindrome della sostituzione: per proteggere a più non posso il figlio finisce per sostituirsi a lui nei passaggi evolutivi della vita, facendo intendere che il figlio, al dunque, “non è in grado, non è capace”. Impedendogli così l’arte di imparare sbagliando. Il quarto modello rimanda a quei genitori “con l’auricolare”, cioè a quei genitori sempre impegnati che riempiono i figli di regali materiali, ma dimenticando il più bel regalo per loro: l’esserci, cioè lo stare assieme, dunque il valore-tempo. L’ultimo modello proposto viene definito “porto sicuro”, perché dice di genitori autorevoli e amorevoli al tempo stesso, capaci di ritagliarsi anche il tempo della condivisione, secondo giusti confini ed eque responsabilità. I figli, piccoli e grandi, cosa chiedono ai genitori, in fondo? Di esserci in modo dialogante, autorevole, rassicurante. Basterebbe chiedersi chi o cosa, tra gli stessi genitori, hanno apprezzato di più quando erano bambini, ragazzi, adolescenti. La nostra mente, quindi anche per i figli, ha due facce della stessa medaglia: l’una riflettente, e l’altra senziente, capace cioè di cogliere al volo sentimenti, sensazioni, percezioni. Sapendo, poi, che questa rincorsa della vita ha un obiettivo ben chiaro (“chi sono io, cosa voglio essere, e cosa penso di diventare, con quali sogni nel cassetto, assieme a chi?”): trovare qualcuno che non giudica, ma che si siede accanto, credo sia l’esperienza più bella che si possa augurare. Parlo di genitori, ma parlo anche degli insegnanti, degli educatori, degli allenatori, dei nonni o parenti, parlo degli amici e dell’auto-aiuto tra pari. Come comportarsi, poi, di fronte a comportamenti fuori dalle righe, se non violenti? Qui lo psicopedagogista, per esperienza diretta, dice cose importanti: “i ragazzi che compiono atti antisociali si sentono sconfitti e senza futuro: dicono «distruggo dunque sono», imbrattano i muri, riempiono il mondo del fango che hanno nel cuore. Ma lo sfogo non risolve”. Sono dunque delle grida di aiuto che vanno lette e bene interpretate. Qui sono gli adulti, siamo noi adulti, a essere messi in gioco, se vogliamo recuperare questi ragazzi, dando a loro altre chances di speranza. Perché è giusto dire a loro come stanno le cose, cioè la sacrosanta verità. Compreso che non esiste la libertà senza la responsabilità, per le conseguenze dei gesti, delle bravate, e delle scelte trasgressive. Ma poi deve prevalere la ricerca di una via d’uscita, assieme. “Trasformare dunque i sassi in parole”, per ripetere Rossi. E tanta e tanta pazienza. I comportamenti a rischio, lo sappiamo, sono una delle espressioni della adolescenza. Pensiamo a come i social influenzino certe forme di riconoscimento tra pari. Vanno dunque aiutati. E l’unica strada, a parte certe forme estreme, è l’autorevolezza, è l’accompagnamento, è, ancora, la pazienza. Solo raramente servono, quando servono, anche le decisioni forti. “Io ragionerei con i ragazzi sul fatto che esistono la paura-amica e la paura-nemica: l'una suggerisce di non fare stupidaggini (serve prudenza), l'altra blocca di fronte a qualcosa di costruttivo (serve coraggio). Attiviamo su questa distinzione la loro mente critica, come il buon Socrate”. Quello che a scuola cercano di fare i migliori docenti: “oggi gli insegnanti ereditano spesso a scuola macerie emotive di un mondo sempre più liquido”. “Io spiego agli educatori come costruire un porto sicuro: l'amore (credo a te), l'incoraggiamento (tengo a te), il riparo (ci sono per te), la testimonianza (ti do esempi di giustizia, ascolto, empatia...), l'accettazione (accetto la tua singolarità) e il sorriso, la forma più profonda di abbraccio. Il porto sicuro infonde resilienza al giovane-veliero per salpare verso il mondo”. Verso la loro avventura di vita.

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L'autore

Gianni Zen

Gianni Zen, laureato in filosofia, ha dedicato la sua vita professionale alla scuola, prima come docente e poi come dirigente scolastico in importanti scuole del vicentino quali l’Istituto Rossi di Vicenza e il Liceo Brocchi di Bassano. Sotto la sua guida il liceo bassanese ha conosciuto una crescita repentina fino a diventare il secondo istituto d’Italia per numero di ragazzi frequentanti. Persona estremamente attiva, è da sempre sostenitore di una grande riforma del mondo della scuola. In “Spazio Zen” dirà la sua su temi di attualità legati al mondo della scuola e del lavoro.