ATTUALITÀ

Spazio Zen - Dicembre 2022

Gianni Zen
Gianni Zen
29 novembre 2022
CONDIVIDI:
Spazio Zen - Dicembre 2022
Siamo a dicembre.
E non possiamo non pensare che dicembre è il mese del Natale, delle vacanze, delle feste.
Ma la gravità del presente che stiamo vivendo non ci può far stare tranquilli. Viste le complicazioni che stiamo tutti vedendo.
Anzi, le feste di Natale ci dicono, per fede e per tradizione, di un Bambino che ha scelto di segnare la nostra storia non per gratificare le nostre distrazioni vacanziere, ma per essere quel “segno di contraddizione” che ci chiede di renderci responsabili tutti di una fraternità che non si lascia intorpidire dal dominante disinteresse per il bene di tutti.
Perché una pace vera può nascere solo se ci sono equità, giustizia, verità.
Non è possibile, perciò, assistere all’escalation della violenza, in Ucraina e in tante altre parti del mondo.
È proprio vero: non si finisce mai di imparare dalla storia. Ammesso che se ne abbia voglia.
Perché anche la crisi ucraina è figlia di questa amara constatazione.
E poi, non basta concentrarsi, che sarebbe già molto, su come uscire da questa tragica situazione, ma è sempre bene prepararsi per tempo a prevenire altre situazioni critiche.
Questo è il compito della Politica, con la P maiuscola. Rispetto al piccolo cabotaggio che di solito riempie le nostre discussioni e i nostri social.
Anche Winston Churchill, su quali fossero i tre requisiti fondamentali per fare politica estera, una volta disse senza mezzi termini: “Studiare la storia. Studiare la storia. Studiare la storia”.
Con il nostro De Gasperi a insistere: “La qualità della politica interna dipende dalla qualità della politica estera”.
Nel 1940, un filosofo francese Jacques Maritain, amico di Paolo VI, e noto in Italia nel secondo dopoguerra, così poteva scrivere: “I compiti del dopoguerra saranno quelli di prima della guerra”.
Se, in poche parole, ogni guerra stravolge tutto, non cambiano però i compiti che spettano a chi voglia costruire la pace e la sicurezza comune.
È la pace, dunque, che deve vincere. Una pace secondo giustizia.
Partendo, magari, da quel fragilissimo punto di partenza, pensando alla tragedia ucraina, che è il cessate il fuoco. Perché un punto di partenza ci deve pur essere, senza lasciare l’unica risposta all’escalation delle armi e delle minacce.
Cosa ne ricaviamo dall’invito di Maritain?
Tre cose, essenzialmente.
La prima: se il gas, se ancora ce ne fosse stato bisogno, ci ha mostrato che viviamo in un mondo di interdipendenze, non basta l’economia, cioè la logica di mercato, a gestire le relazioni politiche. Quanti squilibri, quante ingiustizie, quante forme di sfruttamento incontriamo in tante parti del Pianeta? E quanti risentimenti e forme di nazionalismo tribale o nazionale, come rivalsa?
La seconda: non si può più attendere alla costruzione dell’Europa federale. Un’Europa con non sia più schiacciata, come nel caso della guerra in Ucraina, tra neo-imperialismo russo e le strategie americane. L’Europa, cioè, deve potersi dare una voce unita, compreso un esercito, come aveva sognato De Gasperi, nonostante il rifiuto francese del 1954. Per questa politica di difesa non è possibile che si parli solo di riarmo e di aumento delle spese militari, come se fosse solo una faccenda da mettere in mano ai militari. Per realizzare una difesa comune europea va avviato anzitutto un processo di integrazione tra gli Stati e i popoli, cioè civile. Quindi, parlare di difesa comune è compito della politica, non degli apparati militari.
Terzo aspetto: la Russia fa parte della storia europea, e non va fatta scivolare verso il sud-est asiatico. I problemi, quindi, delle potenze che si affacciano sul Mediterraneo vanno affrontati con spirito di collaborazione, e non di dominio di qualcuno su qualcun altro.
In poche parole, la cultura occidentale, che ha fatto intendere che, con la democrazia, si possono sciogliere i vincoli tra giustizia e violenza, è chiamata a mostrare che la coesistenza pacifica è sempre possibile, che le controversie si possono risolvere anche con buoni compromessi, e che la pace deve essere il minimo comun denominatore, sapendo, poi, che la pace secondo giustizia, per tutti, resta il cammino da condividere in ogni parte del Pianeta.
Perché resta sempre vero, sullo sfondo, che per i popoli poveri noi sì siamo Paesi democratici, ma siamo pur sempre la parte ricca del Pianeta, e questa ricchezza non deriva solo dal lavoro e dalla tecnologia, ma, prima ancora, da una certa forma di sfruttamento delle ricchezze naturali degli stessi Paesi poveri.
Basta farsi un giro per i Paesi africani.

Ti piacciono i nostri articoli? Iscriviti alle nostre migliori uscite.

Inserisci un'email valida

Siamo in continua evoluzione con il nostro Occhi Magazine; se hai domande o suggerimenti, non esitare a contattarci!

Seguici su Facebook, Linkedin, Instagram e Twitter.

Condividi:

L'autore

Gianni Zen

Gianni Zen, laureato in filosofia, ha dedicato la sua vita professionale alla scuola, prima come docente e poi come dirigente scolastico in importanti scuole del vicentino quali l’Istituto Rossi di Vicenza e il Liceo Brocchi di Bassano. Sotto la sua guida il liceo bassanese ha conosciuto una crescita repentina fino a diventare il secondo istituto d’Italia per numero di ragazzi frequentanti. Persona estremamente attiva, è da sempre sostenitore di una grande riforma del mondo della scuola. In “Spazio Zen” dirà la sua su temi di attualità legati al mondo della scuola e del lavoro.