Settembre è il mese che ricorda a tutti la fine delle vacanze, e per gli studenti, grandi e piccoli significa in concreto il ritorno a scuola.
Il mio pensiero va a tutti gli studenti, ma in particolare ai bambini, ragazzi e adolescenti che iniziano un nuovo percorso scolastico.
Parlo cioè di coloro che quest’anno saranno in prima alle elementari, alle medie e alle superiori.
Con uno occhio ai ragazzi grandi, per l’avventura universitaria o nel mondo del lavoro.
Le ricordo bene, queste “prime volte”. Le ricordo dalle loro parole, ma anche da quelle dei loro genitori.
Ma anch’io mi sono rivisto in questi passaggi. Da studente, poi docente, poi preside.
E ho ripensato ai sogni, alle speranze, alle aspettative, ai timori.
Perché, essendo nell’ultima fase della vita, in più di una occasione mi capita di ripensare a quando ero bambino, ragazzo, giovane.
Con un primo bilancio che per buona parte posso dire positivo, ma segnato anche da imprevisti, sorprese della vita, situazioni che mai mi sarei sognato di vivere.
Tutto questo per dire anzitutto ai ragazzi e ai giovani, ma prima ancora ai genitori: non abbiate paura.
Perché oggi il futuro vorremmo prefigurarlo, prevederlo organizzato, mentre invece ha sì i suoi lati che creano apprensione, ma anche grandi spazi di libertà positiva.
I bambini, i ragazzi e i giovani hanno la necessità di respirare questa libertà, in modo graduale ma positivo, ma sapendo che hanno al loro fianco la famiglia, la scuola, il tessuto sociale.
Non che tutto sia facile e scontato, ma tracce di bene e di disponibilità non mancano. E poi tocca a ciascuno tocca il compito di fare la propria parte, di impegnarsi sul serio, anche attraverso le inevitabili incertezze o situazioni critiche.
Sullo sfondo resta comunque vero che è il villaggio che educa, che aiuta a crescere.
Come direbbe Roberto Vecchioni, per una vita docente liceale oltre che cantautore: “ricordarsi chi siamo, da dove veniamo, dove stiamo andando. E di respirare quando la vita corre, quando si ha fretta, usando gli spazi attorno anche se sembrano diventare stretti. Respirare prima di parlare, perché le parole hanno un gran bisogno di aria pulita. E concedersi il lusso del silenzio. Il quale non è vuoto, ma è pieno di risposte”.
Uno sfondo di saggezza, quindi, nel tempo della facile chiacchiera, e di un uso esuberante di connessioni che le tecnologie sì favoriscono, ma col prezzo di renderci non sempre consapevoli che gli strumenti sono appunto strumenti. Cioè non sono le cose più importanti della vita. È in ragione di questa preoccupazione che si è scatenata in diversi Paesi la domanda su quale sia l’età giusta per il cellulare dei nostri ragazzi. A 12 o 13 anni?
Che cosa augurare, dunque, al di là del cellulare?
Mi permetto di suggerire una cosa semplice: l’esperienza della passione bella per le cose belle. Il gusto del meravigliarsi, dello stupirsi a tutte le età, come fanno naturalmente i bambini. I quali non si stancano di chiedere: “Perché? Cos’è? Che senso ha? In funzione di che?”.
La passione bella è quella che coinvolge, che si trasforma in domanda di bellezza, verità, giustizia, bene.
Esiste bambino, ragazzo o giovane davvero apatico e insoddisfatto rispetto al fuoco che sente dentro di sè?
Non esiste.
Sta ai genitori, sta alla scuola, sta al vissuto sociale creare le condizioni perché ognuno possa seguire la traccia dell’eros, cioè dell’energia di vita che troviamo in ciascuno.
Ogni bambino ama fare quello che ama. Come ogni giovane. Come tutti noi adulti.
I classici questa forza l’hanno chiamata col nome vero, cioè amore.
Un amore spirituale e fisico, quello che ci spinge all’ essenziale e dà senso al nostro vivere.
È quella scintilla di bene che porta ciascuno, crescendo, a capire chi è, e la ragione del suo e nostro vivere.
Chi siamo, in fondo, se non un tentativo di risposta a questa scintilla?
E rispondendo ognuno può comprendere che ogni energia può lasciarsi intuire solo nel suo limite. In termini quindi relativi, non assoluti.
Ecco il valore ma anche il limite. Anzi, non c’è valore senza la consapevolezza del limite.
Qui è la scuola, oltre la famiglia, che ha il diritto ed il dovere di garantire un supporto-base al cammino di crescita di ciascuno.
Crescita, dunque, non ognuno chiuso in se stesso, non cioè individuale o individualistica. Ma crescita assieme ad altri, con gli altri, per gli altri. In una logica non individuale, ma sociale, di circolarità.
Circolarità in famiglia, gruppo, classe, relazione-con.
Insomma, crescendo si impara anzitutto ad andare oltre le proprie sensazioni, certezze, opinioni.
Anche le passioni, quindi, non sono fine a se stesse. Ma devono crescere col nostro crescere, maturare con noi.
Ognuno per la propria età, tempi, modalità.
Che cosa si impara a casa, a scuola, con gli amici? Che la vita è un viaggio; che gli amici sono importanti; che si può sbagliare, ma anche rimediare. E infine, che l’amore è una forma di conoscenza e intelligenza. Perché ci spinge oltre l’ego.