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Spazio Zen - settembre 2022

Gianni Zen
Gianni Zen
02 settembre 2022
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Spazio Zen - settembre 2022
Siamo a settembre, il mese della ripresa della scuola.
Una ripresa che, si spera, aiuti tutti, in primis i ragazzi, a ripensare i compiti della scuola, cioè la leggibilità del mondo, a partire da se stessi.
Attraverso i percorsi di studio e le diverse discipline, la scuola propone appunto di imparare a leggere il mondo e se stessi. Senza però limitarsi alle sole proprie impressioni, opinioni, emozioni, asserzioni. Il mondo dunque come è, e non come appare. E noi stessi oltre le nostre individualistiche presunzioni.
Le materie scolastiche sono perciò come delle finestre aperte, attraverso cui osservare, capire, comprendere, tutti strumenti di questa leggibilità. Ma per saper leggere bisogna imparare i linguaggi, i vocabolari, le strutture di significato, i nessi e le relazioni.
Il mondo, cioè, non è un dato evidente. Tutt’altro. Se fosse evidente, perché sudare ed impegnarsi?
Già da bambini, verso i due anni e mezzo, noi tutti abbiamo cercato di capirci qualcosa con delle semplici domande, cioè con i tanti “perché”. Sperando di avere delle risposte, senza mai pretendere, questo l’altro compito della scuola, di ottenere risposte assolute, ma sempre relative. Perché la vita è sempre ricerca, e si studia e si impara sempre, per tutta la vita.
Noi cerchiamo di costruirci sì delle opinioni, ma non tutte le opinioni hanno o possono avere lo stesso valore, perché sullo sfondo resta sempre, come una sentinella, la domanda di verità. La quale non dà pace, ma invita in ogni momento a mettere in discussione anzitutto se stessi, cioè le proprie impressioni od opinioni.  Tanto, con i classici, da intendere la persona saggia non quella che crede di sapere tutto, ma quella che prima ancora si lascia discutere, senza mai pretendere che la propria certezza sia la verità.
Questo ci fa capire che l’umiltà è la prima virtù di chi ricerca il vero, il buono, il giusto, il bello.
Non solo, la bellezza della vita della scuola è il rendersi conto che la domanda di sapere non è mai solitaria, ma si vive insieme, perché si cresce insieme, si discute insieme. Magari imparando a volersi un po’ di bene, cioè facendo amicizia. E non c’è dialogo o ricerca in comune del vero e del buono senza l’aiuto reciproco, senza dunque un fondo di amicizia.
Questa, in poche parole, è la vita che si vive ogni giorno nelle nostre scuole.
Proprio per questa ragione, che abbiamo ben compreso durante questa pandemia, trova difficile comprensione la tendenza di alcune famiglie di richiedere l’istruzione parentale, cioè di farsi la scuola in casa, pensando di fare il bene ai propri figli, ma non rendendosi conto del limite, cioè di sottrarli al valore della scuola come amicizia e crescere insieme.
È proprio quel valore relazionale della vita di classe che è stato lungamente invocato in questi due anni e mezzo.
Resta sullo sfondo la domanda sul merito di una scuola che voglia assolvere al suo compito, cioè quello di accompagnare la crescita di bambini e ragazzi con una buona preparazione di base.
Parlo di merito sapendo che i dati Invalsi ci hanno confermato alcune criticità sulle tre discipline oggetto di questa indagine (italiano, matematica, inglese), mentre le percentuali di promozioni, ad esempio agli esami di maturità, hanno toccato il 100%.
Le scuole tutte è giusto che riflettano dunque anche sulla qualità degli apprendimenti, sul valore effettivo dei percorsi scolastici, sui criteri di valutazione, partendo dalla definizione condivisa di “soglia di sufficienza”. Cosa vuol dire, in altri termini, che una preparazione viene giudicata sufficiente? 
Prima ho parlato di “leggibilità”.
Perche tutte le materie, lo ripeto, sono linguaggi, con lessici, strutture sintattiche e semantiche, funzionali alle conoscenze sostenibili e fondate.
Per farmi capire faccio un esempio: comprendiamo sempre ciò che leggiamo?  Siamo in grado, dato un articolo di giornale su qualsiasi argomento, di coglierne in poche parole il sunto, cioè la sintesi?
Siamo tutti capaci di seguire una argomentazione, cioè la struttura logica, e di costruirne una nostra, quando discutiamo? Quando vediamo e ascoltiamo, cosa vediamo e ascoltiamo? Cosa vuol dire pensiero critico? Cosa vuol dire comprendere e rielaborare una informazione?
I social, lo dobbiamo ammettere, hanno complicato la nostra capacità di dialogo e di reciproca comprensione. Non solo degli adolescenti.
Il compito della scuola, in sintesi, oggi è combattere l’attuale tendenza, frutto di un miscuglio di youth culture e cultura globale, che favorisce da un lato l’idea sofistica che tutte le opinioni siano valide, cioè vere, e poi che non serva sudare la comprensione, la conoscenza, lo studio argomentato.
Insomma, la fatica della analisi e della sintesi, della comprensione e della rielaborazione, va a cozzare contro il contesto sociale esterno che è dealfabetizzante, per cui si scrive ma non lo si fa per imparare a leggere la realtà scrivendo, si parla ma senza badare alla responsabilità di motivazione ed argomentazione. Cioè si legge ma si fa fatica a riflettere, e se un articolo è lungo ci si limita solo al titolo.
Pensiamo poi al vocabolario delle parole che si usano, alla perdita del congiuntivo, alla sintassi impoverita.
E se si impoverisce viene meno la capacità di pensiero, compreso il pensiero libero.
E non c’è scappatoia a questa povertà, se non il lavoro a scuola, vista come interfaccia critica del quotidiano carpe diem.
L’uso, altro esempio, delle possibilità digitali, come il powerpoint, le visualizzazioni, il multimediale, il romanzo sostituito dalla graphic novel, il gioco elettronico, le app, la fotocamera ubiqua, senza una mediazione, rischiano di ridurre infine l’orizzonte del pensabile.
E questo riguarda non solo i ragazzi, ma anche i giovani universitari, con le conseguenze che stanno da tempo denunciando i migliori docenti universitari.
Avremo un ceto dirigente semianalfabeta, perché medializzato?
Si stanno creando diverse generazioni e classi empaticamente ed emozionalmente in difficoltà con i percorsi cognitivi? Nuove povertà stanno avanzando.

Rubrica a cura di Gianni Zen, laureato in filosofia, dirigente scolastico presso importanti scuole del vicentino.    

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L'autore

Gianni Zen

Gianni Zen, laureato in filosofia, ha dedicato la sua vita professionale alla scuola, prima come docente e poi come dirigente scolastico in importanti scuole del vicentino quali l’Istituto Rossi di Vicenza e il Liceo Brocchi di Bassano. Sotto la sua guida il liceo bassanese ha conosciuto una crescita repentina fino a diventare il secondo istituto d’Italia per numero di ragazzi frequentanti. Persona estremamente attiva, è da sempre sostenitore di una grande riforma del mondo della scuola. In “Spazio Zen” dirà la sua su temi di attualità legati al mondo della scuola e del lavoro.