CULTURA

Vette d’angoscia, picchi d’ansia

Demetrio Battaglia
Demetrio Battaglia
29 marzo 2024
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Vette d’angoscia, picchi d’ansia

Da circa venticinque anni coltivo la disciplina della meditazione e quindi conosco questo ambiente da tanto, tanto tempo. Da quasi vent’anni incontro persone che vorrebbero apprendere un metodo, che vorrebbero introdurre questa splendida disciplina nella loro vita. E in questo lungo periodo di pratica con centinaia, forse migliaia di persone, quale pensate sia stata la motivazione prevalente che le ha condotte ad avvicinarsi alla meditazione?

Eh sì, avete proprio indovinato: ansia, angoscia, agitazione, irrequietezza, nervosismo e chi più ne ha più ne metta. La percentuale è letteralmente soverchiante rispetto agli altri motivi per cui le persone iniziano a meditare. In sostanza posso dirvi che l’ansia vince a mani basse.

Questo fatto, caro lettore, dovrebbe essere fonte di riflessione sullo stile di vita che tutti noi conduciamo nelle nostre città. Abbiamo costruito una società ricca di comodità, con grandi opportunità, ma per sostenere tutto ciò siamo costretti a ritmi indiavolati, in grado di minare fin nelle fondamenta la nostra serenità, portando alcuni di noi alla patologia. La medicina psicosomatica si occupa di questo, e infatti le pratiche meditative, che vanno a lenire questi stati di sofferenza, sono da anni fonte di studio della medicina moderna.

Le problematiche d’ansia sono così diffuse che oramai è raro trovare persone che ne siano prive. Anzi, negli ultimi decenni l’età media si è abbassata e incontriamo questi stati di sofferenza anche nelle fasce più giovani o, udite udite, addirittura nei bambini. 

Incredibile vero?

Eppure è reale, tristemente reale e, io stesso, nella mia carriera di insegnante di meditazione, ho potuto toccare con mano fino a che punto gli stati ansiogeni possono investire i ragazzi, basti pensare a quella che è diventata ormai una piaga sociale:  l’attacco di panico.

La meditazione aiuta molto, lo sappiamo da tempo. Le pratiche di mindfulness, forse le più studiate al mondo, non smettono di stupire per la loro efficacia, ma è compito di ognuno di noi farsi carico della propria salute psicofisica per non diventare dipendenti da farmaci che, pur dando sollievo, troppo spesso portano con loro effetti collaterali indesiderati.

La riflessione sulla reale qualità di vita che stiamo vivendo e quale sia il prezzo che stiamo pagando, in quanto società del benessere, dovrebbe essere oggetto di riflessione e discussione in ogni ambito, non solo istituzionale ma anche, e soprattutto, all’interno delle famiglie stesse. Tutti dovremmo porci la domanda: “qui prodest?”, a chi giova questo stile di vita? Siamo così certi che il benessere materiale meriti di minare così a fondo la nostra salute mentale ed emotiva?

Ognuno risponda con sincerità a questa domanda. Nel frattempo vi lascio con una celeberrima frase del maestro Sogyal Rimpoche: “Il dono di imparare a meditare è il dono più grande che puoi dare a te stesso in questa vita.”


Buona pratica a tutti!

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L'autore

Demetrio Battaglia

Ricercatore, scrittore e informatico