CULTURA
La smetti di cercare la felicità?
Demetrio Battaglia
25 ottobre 2023Siamo esseri umani e come tali la nostra complessità e la conseguente difficoltà di vivere in armonia, spesso, travalica ogni confine e ci sprofonda in mondi pieni di sofferenza.
Di norma incontro, nel mio peregrinare come docente di pratiche di consapevolezza, persone che soffrono e non riescono a smettere di soffrire. Da quando sono entrate nella sofferenza hanno cercato tutte le vie possibili per fuggirla ma, capita sovente, cadono dalla famigerata padella alla brace. Vorrebbero serenità, la anelano e pensano che sia giusto per loro, dopo tanto dolore, avere un po’ di sollievo, di leggerezza, di pace.
Nulla di più corretto e sacrosanto, direi.
Inizia perciò un viaggio alla ricerca di questa fantomatica felicità, così come si cerca un tesoro, come si cercherebbe uno scrigno di pietre preziose. Il fatto è che troppo spesso mi capita di incrociare persone che intraprendendo questo viaggio alla ricerca della felicità si sono riscoperte invece a fuggire dalla sofferenza.
La felicità o ancor meglio la gioia o, ancor di più, la beatitudine non sono da qualche parte, non sono detenute da qualcuno e non sono una qualità di qualcosa. Non possono essere insite in qualcosa da qualche parte perché sarebbero un oggetto o una persona, sarebbero una qualità di un qualcosa fuori di voi, ma questo vorrebbe dire che in noi non vi è felicità, dovremmo solo farcela dare o prenderla da qualcun altro o da qualcos’altro… seguite questo ragionamento?
Procedendo…
Se avesse un senso questa teoria significherebbe che nasciamo con la qualità dell’infelicità e basta e questo, lasciatemelo dire, è una completa assurdità.
Facciamo un ulteriore passo.
Cercare e Felicità nella stessa frase non sussistono, sono una contraddizione in termini per cui la condizione dell’essere felici va sentita in noi, va lasciata esprimere in noi, va dato il permesso al nostro sé di mostrare quanta completezza e luce brilla sotto la pesante scorza di sofferenza che ci portiamo addosso come un cappotto fradicio in pieno inverno.
Ecco come agisce la pratica meditativa, ecco perché da migliaia di anni la meditazione accompagna l’uomo nel suo cammino alla scoperta di se stesso. La meditazione ci insegna ad arrenderci, a mollare, a lasciar andare tutta la bramosia e l’attaccamento verso ciò che pensiamo ci renderà felici e ci insegna a rimanere nel momento presente per lasciar affiorare quell’entità luminosa che contraddistingue ogni essere umano esistente su questo pianeta.
Nel silenzio del respiro e del contatto sincero con se stessi cadono tutte le barriere che abbiamo issato fin dall’infanzia e, infine, ci lasciamo essere, lasciamo che sia come dev’essere e ci accorgiamo che il nostro corpo di dolore (come lo chiama E. Tolle nei suoi libri) si palesi per essere accolto, accettato, integrato perché in un successivo momento si possa dissolvere.
In caso contrario continueremo a viaggiare alla ricerca della felicità e, di certo, racconteremo a tutti che stiamo viaggiando alla ricerca di essa, ma dentro di noi, nel nostro profondo, sapremo fin troppo bene che stiamo solo scappando dalla sofferenza che ci pervade.
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L'autore
Ricercatore, scrittore e informatico