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Intervista a Valeria Lobbia, fotografa ritrattista di Asiago

Anna Zaccaria
Anna Zaccaria
27 febbraio 2025
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Intervista a Valeria Lobbia, fotografa ritrattista di Asiago

Valeria Lobbia è una fotografa ritrattista di Asiago. Non solo, è formatrice e speaker in workshop e corsi di formazione.

I suoi soggetti preferiti sono le donne, mondi complessi da mettere in risalto.

Per il mese dedicato alle donne e alla loro festa abbiamo voluto avere le sue foto in copertine e siamo veramente onorati di questa bella collaborazione. Ma chi è Valeria Lobbia? Come nascono i suoi lavori? Ce lo siamo fatto raccontare da lei in questa intervista.


Valeria, come è nata la tua passione per la fotografia?

Ho respirato arte e pittura da sempre in famiglia: mia mamma mi ha trasmesso la sua passione per l’arte visuale e fin da piccola mi portava a Venezia a visitare le mostre. Dopo il diploma al liceo scientifico ad Asiago mi sono laureata in architettura e ho anche praticato. In me però sentivo la necessità forte e impellente di esprimermi in modo diretto e la fotografia era proprio il mezzo che calmava questo mio bisogno.

Una quindicina di anni fa ho capito che la mia vita aveva bisogno di una svolta. Certo non è stato facile e non sono stata subito capita dalla mia famiglia, ho mollato il lavoro, mi sono separata da mio marito. Per dare vita alla vera me stessa dovevo necessariamente dare spazio a questa necessità di comunicare che solo con la fotografia riuscivo a colmare.

Per un periodo ho gestito un corner dedicato alla fotografia e alla stampa all'interno del negozio di mio fratello ma non volevo essere un commerciante… Nel frattempo è arrivato un nuovo compagno di vita e due bimbe… poi nel 2018, un’ulteriore svolta e ho aperto il mio studio, lavoravo solo su appuntamento, potevo gestirmi le bimbe all’epoca piccole.

Come mai hai deciso di specializzarti nel ritratto femminile?

Nasco come fotografa di famiglia: nel 2018 quando ho aperto il mio studio avevo le bambine piccole, la mia sensibilità convergeva verso quei soggetti, poi il tempo porta ad una evoluzione e ora mi sento molto più focalizzata verso il mio essere donna che abbraccia tantissimi mondi.

All’inizio il focus della mia fotografia era posto sul tema del ricordo, ora è diverso e abbraccia i temi della consapevolezza, dell’autostima e del portare la donna al centro del suo mondo.

La mia esperienza personale e il lavoro che faccio con tantissime donne mi hanno fatto capire che c’è un momento preciso in qui ogni donna deve fare i conti con se stessa, per poi ripartire con nuova consapevolezza e energia. Il mio lavoro si inserisce proprio in quel momento.

C'è un messaggio o un'emozione che cerchi di trasmettere attraverso i tuoi ritratti?

Sì, che ogni donna ha diritto di essere guardata con amore, con sguardo privo di giudizio e amico.

Forse questo sguardo amico potrà accendere in lei la convinzione che i difetti sono in realtà caratteristiche uniche ed irripetibili.

Io sono certa che questa spirale di consapevolezza possa rendere il mondo migliore.

Quali fotografi o artisti ti hanno influenzato di più?

Lo sguardo va ai grandi autori del passato: da Avedon a Irvin Penn a Peter Lindbergh per arrivare ai giorni nostri con i ritratti di Annie Leibovitz e Paolo Roversi.

C’è un tratto comune che hai notato nelle donne che fotografi?

Sì, sono donne in cammino, che cercano una consapevolezza diversa dentro di loro attraverso percorsi di crescita personale. In questo cammino il ritratto personale gioca un ruolo centrale, perché sancisce la celebrazione della nuova te.

Credi che la fotografia ritrattistica possa avere un impatto sull’autostima delle donne?

Tantissimo: noi donne siamo sempre pronte ad autocriticarci e siamo le nostre peggiori nemiche.

In più facciamo molta fatica a fare rete e a supportarci l’una l’altra.

Io credo invece nel supporto reciproco e credo che ogni donna nasconda dentro di sè un’unicità meravigliosa che ha solo bisogno di essere portata alla luce.

Questo è il mio lavoro.

Qual è stato il ritratto più significativo che hai scattato e perché?

Quello a mia mamma, perché il lavoro del ritrattista è strano: devi entrare in profondità nelle dinamiche emotive dell’altro e per farlo bene nello stesso tempo non puoi esserne troppo coinvolto. È la giusta distanza che serve per fare valutazioni professionali ma efficaci, che aiutino davvero chi ho davanti a riprendere in mano la propria vita.

Come è organizzato lo shooting che proponi?

Il primo contatto molto spesso avviene grazie al “passaparola” o dai social. Molte sono le donne che consigliano questa esperienza alle proprie amiche.

Il progetto si snoda attraverso 3 fasi. La prima è la consulenza e avviene 15- 20 giorni prima dello shooting. Questo momento è importantissimo, serve per conoscerci reciprocamente e si può fare anche on line per motivi di distanza. La prima parte di questa fase è molto analitica: guardo la persona, capisco quali possono essere i lati migliori, gli aspetti da mettere in evidenza, definiamo gli abiti da utilizzare per valorizzare le forme, studiamo l’armocromia. Molto spesso noi donne non siamo consapevoli delle nostre caratteristiche valorizzanti, vediamo solo i nostri difetti. La visione da parte di una professionista che ci guarda senza coinvolgimento emotivo aiuta moltissimo. La seconda parte del colloquio indaga lo spazio emotivo e le ragioni che portano alla volontà di fare questo shooting.

Qui lavoriamo sulle dinamiche umani più viscerali ed emergono tantissimi bisogni, tanti hanno a che fare con la percezione di sé e di autostima, alcune donne vengono da me dopo esperienze traumatizzanti con il partner e diverse sono le reazioni a 50 anni rispetto a 30, sono momenti della vita diversi che portano pensieri e reazioni diverse.

Alcune donne vengono da me per celebrarsi magari dopo una malattia o dopo traguardi raggiunti al lavoro. Mai ho trovato la mera necessità narcisista di mostrarsi. In tantissime occasioni questi scatti rimangono personali.

Una cosa però è fondamentale, almeno un ritratto dovrà essere stampato perché la nuova consapevolezza di sé passa inevitabilmente verso l’osservazione di quello scatto.

… e poi c’è lo shooting vero e proprio…

Lo shooting è la seconda parte dell’esperienza. La donna viene accolta da me e dalle mie collaboratrici, messa a proprio agio per essere truccata e pettinata, vogliamo che in lei ci sia la consapevolezza di essere al centro delle nostre attenzioni perché lei è importante e in quel momento c’è soltanto lei.

Lo shooting dura mezza giornata, ci sono più cambi d’abito e di trucco. La foto ritratto è il risultato di una serie di scatti propedeutici per farle rivelare la sua vera essenza che verrà catturata dalla macchina fotografica.

E la terza fase qual’è?

È quella che io chiamo “Rivelazione” ossia l’identificazione degli scatti che mostrano l’essenza unica della donna fotografata. La scelta non può essere fatta dalla cliente perché troppo coinvolta emotivamente, la scelta è mia perché ho guidato il processo che ha portato a quegli scatti e perché, mentre fotografavo capivo il processo di cosapevolezza che si stava innestando.

Vengono scelti una ventina di scatti a volte di più che verranno post prodotti in modo conservativo, alcuni di questi verranno poi stampati.

I miei capisaldi in questi progetti sono: eleganza, bellezza, verità.

Ma secondo te esiste la fotogenia?

No, secondo me la fotogenia non esiste, ma esiste l’occhio clemente del fotografo.

C’è una storia di una donna che hai ritratto che ti ha colpito più di altre?

Ce ne sono molte: alcune hanno preso finalmente consapevolezza del proprio valore e sono andate nel mondo portando il proprio talento con maggior grinta.

Altre sono arrivate per celebrare la vittoria dopo una malattia.

In alcuni casi sono le vicende personali a scatenare la necessità di volersi Ri Vedere.

Una volta mi è capitato di lavorare con una persona ammalata e sapevamo che non ci saremmo più riviste. Sono momenti molto potenti.

In generale per fare questo lavoro bisogna essere aperti a lavorare soprattutto nel sottobosco delle dinamiche umane più profonde perché in definitiva è lì che si aiutano meglio le persone.

Pensi che la fotografia possa contribuire a cambiare la percezione della bellezza femminile nella società?

Assolutamente sì. I fotografi hanno un ruolo molto importante: quello di contribuire a creare un modo di percepire la femminilità più dolce ed inclusivo ricercando la bellezza non nello stereotipo patinato, ma nella profondità dell’anima delle persone.

Per questo motivo ho deciso ormai da molto tempo di proporre dei corsi dedicati ai fotografi professionisti che puntano proprio, tra le altre cose, a definire una nuova filosofia, un nuovo approccio e una nuova estetica sul tema della donna.

Come vedi il rapporto tra fotografia e empowerment femminile?

La donna contemporanea è come me: ha una vita incasinata, in cui deve conciliare il lavoro, con la famiglia, i figli con il marito, i genitori anziani con le esigenze della società e cercare poi, nel frattempo, di vivere!

In questa frenesia folle succede molto spesso che ci perdiamo, mettiamo da parte i nostri bisogni più veri, più autentici, più intimi e semplicemente ci lasciamo trasportare dalla vita.

Riuscire ad interrompere questa spirale dantesca è già di per sè un atto di empowerment. Riuscire a fare focus su se stesse, riportando alla luce la nostra femminilità e oserei dire perfino identità è già una grande atto di empowerment.

Farlo attraverso uno shooting fotografico va a sigillare per sempre questa rinnovata percezione di sé, perché una fotografia dice più di mille parole e perché in definitiva è un investimento per la vita.


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L'autore

Anna Zaccaria

Mille cose da fare ma non si tira mai indietro, troppo buona ma con grinta da vendere. Amante dei numeri, Anna è una vera esperta delle logiche e stratega del web marketing. Ha maturato una lunga esperienza nella gestione di progetti complessi di comunicazione digitale, mirando sempre alla concretezza e ai risultati.