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IA, quando un algoritmo sceglie per te

Giacomo Fontana di Fiber
Giacomo Fontana di Fiber
30 agosto 2022
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IA, quando un algoritmo sceglie per te
Negli articoli precedenti abbiamo visto come l’IA possa essere di enorme aiuto negli ambiti più svariati e quanto sia già integrata nella nostra quotidianità. Ora sembra necessario riflettere sulle conseguenze che questa “nuova tecnologia” sta portando e porterà nella società e nella vita di ognuno di noi.

Prima di proseguire è necessario aprire una parentesi sugli sviluppi che stanno avendo le biotecnologie e le neuroscienze, che stanno portando sempre più una comprensione profonda e dettagliata del nostro funzionamento, dai processi biochimici che regolano le nostre emozioni, alle condizioni che influenzano i nostri processi decisionali.

E’ fondamentale comprendere il collegamento tra questi due ambiti e l’IA, in quanto delle intelligenze artificiali addestrate a conoscerci nel profondo sarebbero in grado (e in parte lo sono già) di monitorare e influenzare sia la nostra salute, che il nostro stato d’animo, che le nostre decisioni negli ambiti più svariati: dalla scelta di una canzone alla persona con cui spenderemo il resto della nostra vita.

L’IA, come già visto, eccelle nello svolgere rapidamente dei compiti complessi e laboriosi e in questo è molto più affidabile di un essere umano. E’ chiaro quindi che sempre più lavori verranno affidati a queste macchine, invece che ad una persona. 

Basti pensare a come professioni considerate tipicamente “umane”, come quella del medico o dell’insegnante, verranno facilmente soppiantate nel momento in cui un algoritmo sarà in grado di fare diagnosi più accurate di un medico o di spiegare un argomento ad un alunno nel modo più consono al suo metodo di apprendimento.

Difficilmente però si lascerà carta bianca a questi algoritmi, ed è qui che subentreranno le nuove categorie di professioni, ovvero quelle di “assistenti” o “supervisori” di un’IA.

Ma quali sono le caratteristiche di queste professioni? Le più importanti di sicuro saranno le competenze umane, ovvero tutta quella serie di caratteristiche che ci distinguono da una macchina. Quindi empatia, intuito, problem solving, spirito di squadra, flessibilità…

A queste si aggiungeranno sempre delle conoscenze riguardo all’ambito in cui si opera, ma molto meno specifiche e più adatte alla supervisione.

Secondo Yuval N. Harari (storico e filosofo contemporaneo) ci stiamo dirigendo verso un’epoca in cui la flessibilità, l’adattabilità e la capacità di reinventarsi da zero saranno molto più importanti di quanto non lo siano ora, poiché l’avvento dell’IA non sarà una rivoluzione istantanea, con qualche anno di assestamento societario, ma piuttosto sarà un susseguirsi di piccole rivoluzioni, ognuna delle quali cambierà il mondo, in primis quello lavorativo. Inoltre, come detto prima, sarà indispensabile valorizzare l’aspetto umano del proprio curriculum, in quanto sarà quello a fare la differenza.

Per concludere torniamo un momento all’aspetto più giornaliero e personale dell’IA e allontaniamoci da quello lavorativo. Viviamo già in un mondo in cui una catena di supermercati è in grado di capire se una persona è incinta prima ancora che lo sappia la famiglia, in cui algoritmi possono capire che video vogliamo vedere e cosa vogliamo comprare prima di noi, in cui un’IA può conoscere il tuo orientamento sessuale prima di te.

E questo trend non accenna a rallentare, visto che i dati personali che siamo in grado di rilevare ed interpretare sono sempre maggiori.

Quindi la domanda è: quale limite vogliamo imporre ad una macchina riguardo la conoscenza di noi stessi?

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L'autore

Giacomo Fontana di Fiber

Formatore, educatore e direttore ricerca e sviluppo presso Fiber S.r.l.