“800 giorni” è il film scritto e diretto dal vicentino Dennis Dellai liberamente ispirato alla storia del sequestro di Carlo Celadon, il più lungo sequestro d’Italia durato ben 831 giorni.
Con un budget limitatissimo, appena cinquanta mila euro, il regista, lo scenografo e tutto lo staff sono riuscita a dare vita ad un film che fin dal suo debutto a Venezia durante la Mostra del Cinema è riuscito ad emozionare gli spettatori.
Venerdì 24 novembre verrà proiettato a Bassano del Grappa alla sala Martinovich del Centro Giovanile.
Abbiamo raggiunto il regista Dennis Dellai e una delle attrici, la bassanese Stefania Gori Bonotto, che nel film interpreta la madre del rapito, per una piccola intervista.
Come mai hai voluto raccontare la storia del rapimento Celadon?
Quella dei sequestri di persona in Italia è una storia che non viene raccontata ma ha profondamente turbato l’opinione pubblica italiana e in particolare del nostro Nord Est.
Fra la fine degli anni 80 e gli anni 90 decine e decine di persone sono state rapite, tolte ai loro affetti da parte di associazioni malavitose con lo scopo di ottenere soldi dalle famiglie. Alcune di queste non hanno più fatto ritorno. Il rapimento Celadon è stato il più lungo in Italia. Per il Giornale di Vicenza avevo avuto modo di incontrare il signor Celadon in corrispondenza di un anniversario del suo sequestro, nulla di più. Alcuni anni fa però mi sono imbattuto sul web in una sua foto al momento della liberazione: la foto ritrae questo giovane spaesato, magrissimo e con la barba lunga e incolta, quasi un cristo, e lì ha cominciato a crescere in me il desiderio di raccontare quella storia.
Carlo si è dimostrato subito molto contrario all’idea, per anni ha cercato di dimenticare e di essere dimenticato, alla fine ha acconsentito facendomi promettere però di trasformare il racconto.
Nel film i personaggi cambiano nomi e sono state inserite delle figure nuove e inventate come quella della mamma che purtroppo nella realtà era già mancata al momento del rapimento.
Quando è cominciata la stesura della storia e le riprese del film?
Ho cominciato a scrivere nel 2019, con Carlo avevamo delineato il mio raggio di libertà e lui, persona molto corretta e rispettosa del lavoro, mi ha dato la sua fiducia. Le riprese avrebbero dovuto iniziare a marzo del 2020 ma come ben ricordiamo è sopraggiunto il covid. Così abbiamo aspettato fino a quando è stato possibile fra mille difficoltà dovute a quel periodo. Ricordo i tamponi a inizio dei giorni di riprese, le mascherine e la paura di avere uno dello staff ammalato o comunque positivo.
In un periodo normale le riprese sarebbero durate 3-4 mesi, le nostre si sono protratte per oltre un anno con le difficoltà da parte degli attore nelentrare nei loro personaggi anche a distanza di mesi.
Perché la gente dovrebbe vedere 800 giorni?
Il film non è un documentario sul rapimento Celadon ma vuole mostrare le difficoltà delle famiglie e degli amici nel vivere quel periodo, è un film sui sentimenti.
È un film che ci porta negli anni ‘80 e ‘90 con una ricostruzione molto attenta e precisa di quella che era l’atmosfera di quegli anni. Un tuffo nel passato con il mondo delle radio indipendenti, con atteggiamenti di libertà anche nuovi nel vicentino.
La figura del politico è ispirata ad un politico locale del territorio dell’epoca anche se più caricata, un po’ macchiettistica.
Nel film abbiamo utilizzato moltissime auto e devo ringraziare l’Historic Club di Schio per il supporto fornito, per le auto dei carabinieri invece ringrazio il gruppo Automoto Storiche dell’Arma di Pastrengo
Qual è stato il momento più difficile delle riprese?
Come dicevo il film vuole mettere in primo piano i sentimenti e senza dubbio ci sono state scene che ci hanno emozionato tutti molto, soprattutto per la prigionia. Alla fine del film ci sono spezzoni tratti da riprese di repertorio degli archivi Rai, pensare che un ragazzo di soli 18 anni possa essere sopravvissuto per oltre 2 anni in quelle tane mi fa venire i brividi e le lacrime.
Come è stato formato il cast?
Volevo che gli attori fossero locali per dare loro una visibilità diversa oltre a quella che hanno, visto che tutti stanno lavorando nel teatro dopo anni di formazione in accademia a Venezia.
Sono stati tutti molto bravi: Marta Dal Santo, la fidanzata, ha tenuto sempre alta la concentrazione malgrado la lungaggine dovute al covid.
Il padre, interpretato dal padovano Vasco Mirandola ha ben rappresentato la figura dell’imprenditore di quegli anni. È stato molto bello avere nel cast l’indimenticabile Fabio Testi; Matteo Dal Ponte, il rapito, si è immedesimato tantissimo nel personaggio e in più occasioni l’emozione è sfociata in vera commozione.
L’attore Piergiorgio Piccoli è stato molto bravo a dare vita al politico che con grande faccia tosta cerca di gestire una situazione che non poteva essere gestita.
I calabresi sono stati incredibili, non avevano alcuna esperienza con la recitazioni e sono stati perfetti nel loro ruolo.
Poi Stefania Gori Bonotto ha dato vita al personaggio della mamma che vive in tensione con la fidanzata.
A tale proposito, Stefania, come hai costruito il tuo personaggio?
La figura della mamma del rapito è completamente inventata dall’autore ed è stata inserita per creare l’antagonista alla figura della fidanzata. È un personaggio austero costretto a vivere in secondo piano un dramma incredibile. Non poteva essere teatrale nelle sue espressioni. Ho lavorato molto nel contenimento, quasi repressione del dolore e questo secondo me l’ha fatto apprezzare. È veramente una mamma degli anni ’80, una moglie di imprenditore di quegli anni.
Lavorare in questo film è stata un’esperienza fortissima: Carlo ha la mia età e ricordo molto bene gli anni dei sequestri perché hanno toccato anche figli di amici di famiglia.
Ho una figlia che ora ha l’età di Carlo al momento del sequestro e da madre penso alla disumanità vissuta in quel perodo.
Cosa vi ha detto Carlo Celadon dopo aver visto il film?
Carlo Celadon ha visto il film in anteprima a luglio. Ha apprezzato molto il fatto di aver raccontato la storia del rapimento dalla prospettiva della fidanzata del rapito. All’epoca della liberazione lui dichiarò che ciò che lo aveva fatto resistere fu proprio il desiderio di riabbracciarla. Dobbiamo pensare infatti che i rapitori gli avevano fatto credere che il padre non volesse pagare e la sua delusione e sfiducia nei confronti del genitore traspare molto nell’audio originale che abbiamo fatto sentire anche nel film.
Finora lo ha visto 3 volte e dopo la terza volta si è complimentato molto.
Io penso che Carlo abbia avuto la necessità di metabolizzare il tutto e che questo film lo abbia aiutato a chiudere il cerchio con questa difficilissima esperienza.
Si aspettava un tale successo?
Il riscontro avuto è stato di gran lunga superiore alle nostre più rosee previsioni.
Quando siamo partiti ho sentito una grandissima generosità da parte di Progetto Cinema e di Pietro Sottoriva che lo hanno prodotto. Nessuno si aspettava nulla. Da parte loro vi è stata fiducia massima nel mio operato e il desiderio di raccontare quegli anni cosi difficili per tante famiglie di imprenditori del vicentino.
In Veneto il film sta andando molto bene: lo stiamo presentando in tantissime sale malgrado le enormi difficoltà che riscontiamo a causa della mancanza di un distributore ufficiale. A dicembre avrebbe dovuto approdare anche su Prime dove è possibile trovare anche “Oscar” il mio film precedente. Visto che “800 giorni” viene ancora proiettato al cinema penso che su Prime Video arriverà a metà gennaio.