Con l'espressione victim blaming si allude alla diffusa pratica di colpevolizzare la vittima di un reato ritenendola interamente o parzialmente responsabile di quanto le è occorso.
Un esempio tipico si ha nel caso in cui venga diffusa illecitamente una foto o video a sfondo sessuale di una ragazza, spesso ad opera del suo ex: in un caso simile, solitamente la generalità degli utenti non critica chi ha diffuso illecitamente il contenuto riservato, unico vero responsabile della diffusione stessa, ma tende a colpevolizzare la ragazza ritratta nel video. Il video o la foto, infatti, in genere ritrae la ragazza in atteggiamento consenziente, il che induce erroneamente le persone superficiali a pensare che fosse consenziente anche alla successiva diffusione. Da qui il facile diffondersi di condanne della vittima piuttosto che del responsabile della diffusione: "se l'è cercata!" o "poteva evitare di farsi fotografare!". Solo che, in questo modo, chi viene aggredito in rete non è il responsabile del reato ma la vittima.
E' una condotta evidentemente disdicevole e pericolosa: disdicevole, perchè si traduce nell'infierire nei confronti di una persona che già versa in una situazione di difficoltà per il fatto di aver subito un reato; pericolosa, invece, perchè, intervenendo in un contesto in cui una persona è già resa vulnerabile, può diventare la "goccia che fa traboccare il vaso" e indurre la vittima a un gesto estremo.
Il victim blaming è spesso collegato a fenomeni web altrettanto diffusi e gravi come il bodyshaming (umiliare qualcuno per la sua fisicità), lo slut shaming (dare della prostituta a ragazze con una sessualità giudicata arbitrariamente eccessiva), il revenge porn (la pornografia di vendetta) e il cyberbullismo (bullismo commesso attraverso la rete). A livello penale, il victim blaming può configurare diversi reati: in primis il reato di diffamazione, in questo caso aggravato dalla pubblicazione in rete, ma può anche integrare gli estremi dei reati di atti persecutori attraverso la rete (c.d. cyberstalking), molestia e istigazione al suicidio.
Tutelarsi dal victim blaming è molto difficile per la vittima, perchè la dinamica tipica del fenomeno coinvolge solitamente una moltitudine di utenti che aggredisce e infierisce sulla stessa in modi differenti e attraverso canali eterogenei.
Si può intervenire, invece, in via preventiva, sulla platea degli utenti, attraverso un'opera di sensibilizzazione e un invito alla riflessione che serva a stimolare una riflessione preventiva rispetto al commento e alla condivisione di post di attacco alle vittime di reato. Spesso, infatti, utenti che non conoscono i fatti si lasciano andare a facili condanne e commenti senza aver adeguatamente rifletutto non solo sulle reali responsabilità di un fatto, ma anche sulle eventuali responsabilità penali proprie in caso di ulteriore aggressione alla vittima.
Un'opera di informazione e sensibilizzazione preventiva forse non garantirebbe la scomparsa del fenomeno in parola, ma senza dubbio aiuterebbe a ridurre sensibilmente la sua portata.
Cosa possiamo fare, quindi? Il mio invito è a riflettere prima di commentare, e a non essere superficiali nelle nostre interazioni: "Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito».