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Doxxing - i tuoi dati nelle mani sbagliate
Aldo Benato
29 settembre 2025Ti è mai capitato di leggere online l’indirizzo di casa di un influencer, il numero di telefono di un ex amico o una foto rubata postata per vendetta? Se sì, potresti esserti imbattuto in un caso di doxxing. Un fenomeno subdolo, ma in crescente diffusione, che merita attenzione e consapevolezza.
Cos’è il doxxing?
Il termine deriva dalla parola “docs”, abbreviazione di documents (documenti), e indica la diffusione pubblica di informazioni personali e private di un individuo, senza il suo consenso, con intento intimidatorio, vendicativo o persecutorio.
In pratica, si raccolgono e si pubblicano online dati come nome e cognome completi, indirizzo di casa o di lavoro, numero di telefono, profili social o email personali, oppure ancora immagini private, anche di minori. Queste informazioni vengono poi rese pubbliche sui social, in forum o su piattaforme anonime, a volte con un invito esplicito all’odio o alla molestia collettiva.
Ne esistono usi positivi? Rari, ma esistono. Pur nascendo in ambienti hacker e come pratica di “giustizia privata” (come tale illegale), in alcuni contesti il doxxing è stato usato per smascherare truffatori, molestatori o criminali, specialmente quando le autorità sembravano inerti.
Dobbiamo tuttavia ricordarci che, anche quando l’intento sembra nobile, la diffusione dei dati personali resta una violazione della privacy e può avere effetti devastanti. Nessuno dovrebbe farsi giustizia da sé, tanto meno attraverso la gogna mediatica.
Gli effetti negativi e pregiudizievoli, invece, sono numerosi. Il doxxing infatti, può avere conseguenze gravissime: minacce e molestie online e offline, perdita del lavoro o emarginazione sociale, ansia, depressione o stress post-traumatico, esposizione di familiari o anche di minori innocenti. In molti casi, il doxxing si accompagna a pratiche come il cyberbullismo, la diffamazione o addirittura lo stalking digitale.
Sul piano legale, in Italia non esiste ancora una norma specifica contro il doxxing, ma chi lo pratica può essere potenzialmente perseguito penalmente per diffamazione (art. 595 c.p.), atti persecutori (art. 612 bis c.p.), o violazione della normativa sulla privacy, oltre a dover risarcire i danni che possa aver cagionato.
Noi cosa possiamo fare per tutelarci da questo fenomeno? Proteggere i propri dati è il primo passo: limitare la condivisione pubblica di informazioni personali, impostare al meglio la privacy sui social, evitare di pubblicare foto dei luoghi frequentati abitualmente, usare nickname o account separati per attività pubbliche.
E se, ciononostante, ne diventiamo vittime? In tal caso è importante non reagire pubblicamente: più visibilità si dà, più si alimenta l’attacco. Suggerisco di documentare tutto (screenshot, link, orari) e di segnalare alle piattaforme o denunciare alle autorità competenti, eventualmente con il supporto di un avvocato.
Il doxxing è la dimostrazione che, nel mondo digitale, i dati personali valgono quanto la nostra identità fisica. Non sono solo numeri o parole, sono pezzi di noi.
Facciamo attenzione a ciò che condividiamo: potremmo diventare vittime delle nostre stesse condivisioni.
L'autore
Aldo Benato è un avvocato specializzato nella gestione e tutela dei dati personali e aziendali e in materia di criminalità informatica. Avvocato presso il Foro di Treviso e Data Protection Officer certificato ai sensi della norma UNI 11697, si occupa da anni di diritto e informatica e ha maturato una consolidata esperienza in materia di privacy & data protection, criminalità informatica e diritto della Rete. Parallelamente, matura una forte esperienza nel settore della formazione per scuole, aziende, professionisti e Forze dell'Ordine. Recentemente ha scritto il libro "Dizionario del Web - La guida per capire" (www.dizionariodelweb.it), uno strumento pensato per aiutare a sfruttare il web e la tecnologia con maggiore consapevolezza.