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Cos’è la generatività e perché dovremmo conoscerla

Sebastiano Zanolli
Sebastiano Zanolli
02 settembre 2025
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Cos’è la generatività e perché dovremmo conoscerla
Generatività e bisogno psicologico che spiega perché alcune persone “lasciano il segno”.
Nel lavoro ho visto una cosa che non dimentico. Alcune persone cambiano la vita degli altri senza guadagnarci nulla. Non lo fanno per gentilezza. Lo fanno perché sentono che è giusto.
Probabilmente sono persone generative. Non è una dote mistica. È qualcosa che la psicologia studia da più di 70 anni.
Nel 1950, Erik Erikson diede un nome a questo fenomeno: generatività. È il bisogno profondo di lasciare qualcosa che sopravviva alla propria presenza. Un’azienda, un’idea, una persona cresciuta meglio grazie a te.
Non è gentilezza. Non è “fare mentoring” per salire di livello. È un’urgenza silenziosa: usare bene il tempo che resta.
La generatività si manifesta ovunque:
Nelle aziende sono le persone che trasmettono senza voler controllare. Nei team sono leader che formano chi un giorno farà meglio di loro. Nella vita sono genitori, insegnanti, mentori, innovatori.
È quel gesto in cui c’è dentro tutto: esperienza, tempo, e nessun secondo fine.
Il paradosso?
Non cresce sempre con l’età. Uno studio su 291 adulti tra 42 e 61 anni ha mostrato che la generatività, in media, diminuisce con l’età. Ma le differenze individuali sono enormi. Alcuni diventano generativi a 30. Altri a 50. Alcuni mai.
Non dipende dall’anagrafe insomma anche se mi augurerei che lo fosse. Dipende da quanto ci si sente pronti a trasmettere.
E c’è una distinzione fondamentale:
La generatività autentica nasce da dentro, persiste anche senza pubblico, si adatta. La generarivita performata invece, più figlia del nostro tempo dove tutto va vantato, nasce da pressioni esterne, cerca riconoscimento, svanisce senza applausi.
Da fuori sembrano uguali. Col tempo si vede la differenza. Per chi guida persone, capirlo è cruciale. Non tutti vogliono sviluppare altri. E forzare la generatività è come costringere un fiume a scorrere in salita.
Per chi lavora, invece, è utile chiedersi: “Cosa ho imparato che vale la pena trasmettere?” E poi: “Chi potrebbe beneficiarne, anche se non lo chiede?”
Se la risposta arriva chiara e la mano si muove senza aspettarsi nulla… Forse la generatività è già in azione.
Quando incontri qualcuno che insegna qualcosa di vero, senza chiedere niente, non è solo generosità. È un bisogno umano antico: costruire qualcosa che resti. Non per essere ricordati. Ma per lasciare il mondo un po’ meglio di come l’abbiamo trovato.

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L'autore

Sebastiano Zanolli

“Fare raggiungere ad individui e squadre i propri obiettivi professionali, mantenendo la propria umanità” è la ricerca e la sfida che Sebastiano Zanolli si è dato negli ultimi 25 anni e che continua ad approfondire. Un caso abbastanza raro di formatore che continua testardamente a lavorare in azienda fondendo la pratica con la teoria. Nato nel 1964, dopo la laurea in Economia presso l’Università Ca’ Foscari, ha maturato esperienze significative in ambito commerciale e marketing, ricoprendo posizioni di responsabilità crescente: ha occupato i ruoli di Product Manager, Brand Manager, Responsabile Vendite, Direttore Generale ed amministratore delegato di brand di abbigliamento in aziende come Adidas e Diesel. Si è occupato di politiche di Employer Branding come consulente di Direzione e presta la sua opera sulle strategie e progetti di Heritage Marketing. È autore di 7 volumi di grande successo: “La grande differenza” (2003), “Una soluzione intelligente” (2005), “Paura a parte” (2006), “Io, società a responsabilità illimitata” (2008), “Dovresti tornare a guidare il camion Elvis” (2011), “Aveva ragione Popper, tutta la vita è risolvere problemi” (2014), “Risultati solidi in una società liquida” (2017). Tutti i libri sono editi dalla Franco Angeli.