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Abbiamo perso il nostro sguardo?

Gianni Zen
Gianni Zen
02 settembre 2025
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Abbiamo perso il nostro sguardo?
Il mese di settembre, nel nostro immaginario, è il tempo della fine delle vacanze. Quindi il tempo della ripartenza un po’ per tutti.
Per il lavoro, per la scuola, per le diverse abitudini e ritmi di vita.
Una ripartenza che è un po’ una rinascita.
Perché comunque il tempo passato, un tempo comunque donato, è, appunto, passato. E indietro non si torna. Anche se, pensando a ciò che abbiamo fatto, cioè al suo valore, oltre il semplice scorrere dell’orologio, ce ne accorgiamo per lo più quando se ne è già andato.
Riprende dunque la vita di tutti i giorni.
Il suo vento soffia a varie velocità, a volte soffia come e dove vuole, altre riusciamo un po’ a dire la nostra.
Non sempre cioè facciamo le nostre scelte potendo decidere. I contesti sono più forti di noi.
Si fa presto a dire: “va dove ti porta il cuore”.
Ma un po’ di pathos, però, non guasta mai.
Oggi la società italiana è divisa in cerchi concentrici più o meno grandi. Ma è difficile poterla definita unita, coinvolta, interessata. Troppo difficile inquadrarla. Troppo complicato immaginarne la rotta, al di là degli attori politici, economici, finanziari, sociali, spirituali.
Era un illuso il grande Battiato che sognava “un cerchio di gravità permanente”. Ci sono tanti cerchietti, a volte solo infinite solitudini. Non c’è comunque un idem sentire, la percezione di un comune destino.
A parte il mito della “autorealizzazione personale”. Che è un po’ un’arte di arrangiarsi aggiornata.
In più, aldi là di un altro mito, quello di chi predica “padroni a casa nostra”, in realtà siamo, nel contesto più generale, tutti interdipendenti. “Nessun si salva da solo”, ci ripetevamo non molti anni fa. Poveri illusi?
Quale speranza, oltre i piccoli e grandi cabotaggi quotidiani, possiamo, appunto, sperare per le giovani generazioni?
A volte i nostri adolescenti e giovani si lasciano, come noi alla loro età, coprire da maschere più o meno esuberanti, legate alla logica del freudiano “principio di piacere”. Però comunque, ed ecco l’altra faccia della medaglia, sempre con linguaggio freudiano, si trovano ben presto ad avere a che fare col “principio di realtà”.
Basta saperli ascoltare, di tanto in tanto. Per scoprire che sono migliori di come di solito vengono dipinti.
Solo che sentono ed hanno bisogno di trovare come interlocutori adulti credibili, affidabili.
E se li trovano si dimostrano generosi, e a loro volta affidabili.
Ho trovato che questi adolescenti passerebbero in media al giorno, col proprio cellulare, sulle quattro ore e mezza. E noi adulti? 
Loro sono nati in quest’epoca, per cui queste tecnologie sono diventate il prolungamento del loro corpo. E per noi adulti?
Riuscire a scambiarsi, di tanto in tanto, delle “parole buone” penso che farebbe scattare la scintilla per andare oltre l’uso massivo anche di queste stesse tecnologie.
Ma questo varrebbe anche per noi adulti.
Di tanto in tanto propongo, a loro, e a noi, questo semplice esercizio: di cosa parliamo quando chiacchieriamo tra di noi? E se provassimo a togliere dal conversare i soliti argomenti, cosa resterebbe di sostanziale?
Dovremmo tutti assieme mostrare, nei nostri occhi, gli occhi di quando eravamo bambini.
Cioè gli occhi che cercano l’essenziale, senza maschere.
Ci ricordiamo le parole di Nietzsche, di Eraclito, ma anche quelle del Vangelo, o delle Confessioni di S.Agostino.
Mi viene in mente, in questo momento, anche il miracolo sognato da Montale: i bambini riescono a vedere pur avendo “il nulla alle spalle” e “il vuoto dietro”. I bambini sono “all’altezza delle piccole cose”, con la grande Simone Weil. Proprio perché il loro sguardo non è corrotto, privo di condizionamento storico, dei nostri pregiudizi da adulti. Il loro sguardo va diretto alle cose, è capace di leggerle e di osservarle senza farsi immagini fuorvianti: lo sguardo del piccolo principe di d Saint Exupery. O quella della favola di Andersen sul re nudo.
Pensiamo, attraverso il loro sguardo, all’orrore della guerra che ritroviamo oggi. Ma anche le infinite polemiche, tanta rabbia ed irrequietezza, che i social hanno solo portato in superficie.
Ogni tentativo di pacificazione, ogni fraternità, ogni solidarietà senza quello sguardo non valgono niente.
Auguriamo agli adolescenti e ai giovani di non perdere, crescendo, quello sguardo. E a noi adulti? Di ritornare un po’ bambini: “se non ritornerete come bambini…”.

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L'autore

Gianni Zen

Gianni Zen, laureato in filosofia, ha dedicato la sua vita professionale alla scuola, prima come docente e poi come dirigente scolastico in importanti scuole del vicentino quali l’Istituto Rossi di Vicenza e il Liceo Brocchi di Bassano. Sotto la sua guida il liceo bassanese ha conosciuto una crescita repentina fino a diventare il secondo istituto d’Italia per numero di ragazzi frequentanti. Persona estremamente attiva, è da sempre sostenitore di una grande riforma del mondo della scuola. In “Spazio Zen” dirà la sua su temi di attualità legati al mondo della scuola e del lavoro.